Chissà cosa starà passando per la testa al Governatore della Campania Vincenzo De Luca nel vedere immagini di folla accalcata nelle piazze cittadine che manifestano il proprio malcontento rispetto alle annunciate e imminenti misure restrittive.
Chissà come descriverà e appellerà i giovani e meno giovani, le donne e gli uomini, i lavoratori e i disoccupati, che stasera gli stanno facendo compagnia sotto ai balconi della Regione.
Cinghialoni? Frati? O tangheri, appellativo fresco fresco del comunicato di qualche ora fa? Sta di fatto che contro ogni previsione, a Napoli si scende in piazza non solo per la movida o per la vittoria della squadra azzurra, ma udite udite, c’è ancora qualcuno che protesta. Il fatto ancora più bizzarro è che il popolo intervistato vuole risposte a domande semplici. Come una signora che ha un figlio alla scuola dell’infanzia e uno in prima elementare: “Io non ho capito, ma o’ piccirll a scol sì e u ruoss no?”, oppure la sua amica “… i voglio sapè, ma mo ru bonus vacanz che n’aggia fa?”.
Più in là un ragazzo con la divisa da pizzaiolo: “Ho speso di detergente mani e divisori in plexiglass un sacco di soldi… questa settimana ho fatto solo 10 coperti, perché quando dico che devono lasciare un recapito per essere rintracciati in caso di contagio, si offendono e invocano la privacy e io sono costretto a mandarli via”.
La protesta è protesta e di sicuro ci sono, come altrove, persone che vogliono strumentalizzare ciò che accade, incendiando cassonetti, lanciando sampietrini, scontrandosi con le forze di Polizia, ma il problema resta. La gente non è più disposta a fare sacrifici di cui non capisce il senso. De Luca deve essere più convincente che mai abbandonando demagogie e populismi. Il tempo di invocare il lanciafiamme e farci su un meme è terminato. Ora, la gente, non ride più.
Titti D’Amelio