Sono trascorsi già quattro anni dal tragico evento che spezzò l’estate italiana causando un dolore immenso a tutta la nazione. Quattro anni, il ponte Morandi, che collegava l’Italia settentrionale e la Francia meridionale, crollò, causando 43 morti, 11 feriti e un paese sotto shock.
A distanza di tanto tempo poi, seguendo un copione che si rinnova tragedia dopo tragedia, la giustizia tarda ad arrivare, perché il patteggiamento concesso a Autostrade per l’Italia insieme alla sua controllata SPEI – condannati per 30 milioni di euro – suona come uno schiaffo in pieno viso. Sugli altri 59 imputati pendono a vario titolo accuse che vanno da omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d’atti d’ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Nell’omelia di oggi – che ha dato il via alla commemorazione del ricordo – il vescovo di Genova, monsignor Marco Tasca, ha fatto un chiaro riferimento al processo: “Onorare la memoria significa anche avere procedimenti giudiziari efficaci e celeri che accertino le responsabilità del disastro. Il tempo non cancellerà il dolore. Il tempo che passa non cancellerà i danni subito dalla città. Il tempo che passa ci dice di fare memoria e giustizia. Non si può circoscrivere quanto accaduto il 14 agosto 2018 nelle pagine di un libro di storia, il tempo che passa non potrà servire per cancellare il dolore di chi ha perso i propri cari o di chi ha perso la casa o il lavoro. Oggi siamo qui insieme per ricordarci che la vita e la solidarietà sono più forti della morte, della precarietà e dell’egoismo, per affermare che la giustizia e la solidarietà sono l’unica strada da percorrere”.
Sta di fatto che la promessa dei governi di stralciare la concessione ad Autostrade per l’Italia non è stata mantenuta così come ricorda Egle Possetti, presidente del comitato Ricordo vittime ponte Morandi prima dell’inizio della commemorazione: “La ferita è sempre aperta ma quattro anni dopo quello che ci fa più male è la mancata revoca della concessione.
“È inaccettabile quello che è successo, inaccettabile – ribadisce mostrando tutta la sua rabbia – che questa concessione, già scritta come nessuno di noi l’avrebbe scritta neanche per comprare una bicicletta, non sia stata stracciata ma che addirittura, remuneri gli azionisti, una cosa che umanamente non potremo mai accettare. Tutti dovrebbero sapere cosa è successo e a raccontarlo rimangono sbalorditi”.
Ai morti e ai feriti si aggiungono 566 sfollati, non solo famiglie ma anche piccole imprese che avevano sede giù nella valle.
A Genova oggi c’è un nuovo ponte, chiamato San Giorgio, l’uccisore di draghi invocato nel passato contro la peste, ricostruito in fretta e furia per cancellare le tracce di un disastro forse evitabile e qui di imperdonabile. Il tribunale di Genova ha fissato il termine delle udienze al 19 luglio 2023, nella speranza che il prossimo anniversario, grazie alla magistratura, sia meno triste di quello odierno.