“Alla riscoperta delle radici. La lingua di Diano, veicolo della cultura degli avi” è stato un progetto curricolare ambizioso con l’intento di recuperare il dialetto come lingua, nato da un’idea, nel 2016, del Dott. Vincenzo Andriuolo, dialettologo nonché esperto di dialetto teggianese, e del Prof. Salvatore Gallo, ex D.S. Istituto Comprensivo Statale di Teggiano, e realizzato con la partecipazione degli studenti della scuola primaria e secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo Statale di Teggiano, conclusi con il saggio “Cchì jà bbèllu lu rianèsu”.
Nel pomeriggio di martedì 30 maggio, al Centro Parrocchiale “Pier Giorgio Frassati” a Teggiano, gli alunni dell’Istituto “G. Pascoli” si sono esibiti con grande emozione, accompagnati dell’organetto diatonico del Maestro Cono D’Elia, facendo sì che “Cchì jà bbèllu lu rianèsu”, evento clou del percorso dei loro studi, fosse un successo.
Un percorso curricolare svoltosi nell’anno scolastico 2022-2023 che ha coinvolto circa 80 studenti, e ben sei classi dell’Istituto, supportato dal gruppo di lavoro composto dalla Dirigente Prof.ssa Maria D’Alessio, del Dott. Vincenzo Andriuolo, e delle Prof.sse Angela Morello, Michelina Di Mieri, Elisa Mangieri e Giusy Lo Buglio, con la collaborazione del Prof. Salvatore Gallo, di Cono Cimino, antropologo e poeta dialettale, e del Prof. Michele D’Alessandro.
“Il progetto nasce da un’idea del dialettologo Vincenzo Andriuolo che ha collaborato con il preside Gallo, ex dirigente dell’Istituto Comprensivo. – commenta la D.S. Prof.ssa Maria D’Alessio – In effetti, a me la proposta è arrivata dall’Amministrazione Comunale, quindi, per noi è importante perché quando le istituzioni dialogano tra loro, possiamo mettere in campo la migliore offerta formativa possibile per i nostri studenti. La risposta dei ragazzi è stata ottima, hanno partecipato con grande entusiasmo, realizzando un vero e proprio compito di realtà, quindi, una didattica laboratoriale innovativa che ha portato loro alla produzione dello spettacolo conclusivo del percorso di studio.”
Vincenzo Andriuolo spiega l’importanza di recuperare il dialetto per le comunità: “Recuperare le nostre radici: da dove ognuno di noi viene, quali sono i caratteri essenziali non solo della lingua, dell’economia, della cultura, il substrato storico ed economico, i modi di produzione, quant’altro. Tutto ciò, senza la lingua che ne è veicolo principale di propagazione, rischia di andare perso. Tra l’altro, lo studio del dialetto aiuta nello studio di qualsiasi altra lingua, gli strumenti che si utilizzano sono gli stessi; sono le tecniche, i mezzi che si occupano delle lingue. Se usiamo questi strumenti, facciamo studio serio e i ragazzi acquisiscono strumenti spendibili in ogni e qualsiasi ambito.”
“Stasera sono molto soddisfatto, oserei dire felice – commenta il Prof. Salvatore Gallo – perché ho visto realizzata un’idea nata nel lontano 2016, allorquando a Teggiano abbiamo presentato il libro scritto da Vincenzo Andriuolo “Il Dialetto Romanzo di Teggiano”; proprio allora, abbiamo insieme pensato di poterlo introdurre a scuola. Oggi, con il saggio dei ragazzi e i risultati che abbiamo visto e che hanno conseguito, diciamo che quell’idea ha avuto veramente successo. Il dialetto è un patrimonio che va preservato e custodito, in ogni modo. Il dialetto è identità; identità di un popolo, della sua vita, delle sue origini, della sua cultura e delle sue tradizioni.”
“Uno degli aspetti più significativi di questo percorso per i ragazzi – sottolinea la Prof.ssa Michelina Di Mieri – è stato l’approccio con la fonetica perché loro hanno potuto scoprire che, nel loro dialetto, ci sono suoni che non esistono nella lingua italiana; quindi, per poterli riportare in un sistema di scrittura è necessario che siano inseriti dei grafemi aggiuntivi. Devo dire che la parte più interessante del corso è stata l’ultima, quando abbiamo coinvolto i ragazzi nella lettura, nella recita delle poesie, filastrocche, stornelli, modi di dire, proverbi della tradizione teggianese e della tradizione contadina, perché gli studenti hanno potuto capire che questi versi sono ricchi di carica espressiva, ma hanno anche potuto riscontrare la difficoltà nell’articolazione dei suoni, il che, per loro, non è stato per niente semplice.”
Cinthia Vargas