Il 4 luglio la Chiesa celebra Sant’Elisabetta del Portogallo, una sovrana che, pur vivendo tra i fasti di corte, fu esempio di umiltà, giustizia e misericordia. Canonizzata nel 1625 da papa Urbano VIII, è ricordata soprattutto per il suo ruolo di mediatrice nei conflitti familiari e politici, e per la sua instancabile opera di assistenza ai poveri.
Vita e opere
Nata nel 1271 in Spagna, figlia del re Pietro III d’Aragona, Elisabetta fu educata nella fede fin da piccola. A dodici anni fu data in sposa a Dionigi, re del Portogallo. Il matrimonio non fu facile: il re era noto per la sua condotta infedele, ma Elisabetta reagì sempre con mitezza, offrendo un esempio di amore paziente e fedele.
Nel corso del suo regno, si distinse per la promozione della giustizia e la cura dei poveri, fondando ospedali, conventi e orfanotrofi. Si guadagnò il soprannome di “regina della pace” per il suo intervento decisivo in numerose dispute familiari e politiche, inclusa una delicata riconciliazione tra il marito e il figlio.
Dopo la morte del re
Rimasta vedova nel 1325, Elisabetta si ritirò nel monastero delle Clarisse di Coimbra, dove visse come terziaria francescana, senza mai prendere i voti religiosi ma conducendo una vita di preghiera e servizio. Morì il 4 luglio 1336, mentre cercava di evitare una guerra tra il figlio Alfonso IV e il re di Castiglia.
Sant’Elisabetta del Portogallo è un modello luminoso di come la santità possa fiorire anche nel cuore della politica e del potere, trasformando la vita pubblica in uno strumento di giustizia e compassione. Il suo esempio ci invita a diventare costruttori di pace nel quotidiano, con umiltà e tenacia.