Nella prima mattinata di giovedì scorso (il giorno fatale, che ha attivato la caduta del governo gialloverde), ERREEMME NEWS ha lanciato, on line, la precedente puntata di “Chiacchiere e nuvole”. Il suo titolo (“È solo questione di tempo. Alle urne! Mattarella permettendo…”) non era stato, ovviamente, né dettato, e neppure suggerito cripticamente, dai servizi segreti… Non era nemmeno profetico. Semplicemente, prendeva e dava atto di una realtà fattuale, che molti si rifiutavano di vedere, nella speranza chi di esorcizzarla, chi di rinviarla, chi, magari, andreottianamente, illudendosi che la problematica si risolvesse da sola. Come nella mitica, ma propedeutica ai guai odierni, prima Repubblica.
È il momento delle scelte, non più dei tentennamenti eterni
Se un merito non può essere disconosciuto all’improvviso (per modo di dire) annuncio di Matteo Salvini, da Pescara, nel tardo pomeriggio proprio di giovedì scorso, è che quel proclama di Pescara ha, come si diceva un tempo, rotto gli indugi. Nel contempo, perforando gli argini degli attendisti, dei ma-anchisti, dei possibilisti, dei Re Tentenna (che abbondano, nel panorama politico nazionale). D’altra parte, questa rubrica aveva previsto l’imminenza dell’editto di Matteo, come ineluttabile ed inevitabile, fin dai quattordici-voti-quattordici dei Cinque Stelle a favore di Ursula von der Leyen, la pupilla di Angela Merkel, eletta, proprio grazie a quel regalo pentastellato, presidente della commissione europea. Quei voti, compattamente espressi da una forza politica diametralmente e costantemente inversa, rispetto alla strategia merkeliana, hanno non soltanto salvato la Merkel (molto più che la sua ex collaboratrice di governo, la von der Leyen) da una Waterloo impressionante, senza precedenti, irrecuperabile, tale anche da paralizzarne qualsiasi rilevante iniziativa futura. Ma, forse ancor più, quantomeno nell’ottica governativa italiana, hanno configurato un autentico tradimento alla Lega. Un voltafaccia, un voltagabbanismo che non poteva essere perdonato. E Salvini, infatti, non l’ha proprio mandata giù…
La raccolta dei cocci e la disperata rincorsa
Oggi, Di Maio raccoglie (o si sforza di farlo, con l’aiuto di un redivivo Beppe Grillo) i cocci, di quell’imprevedibile, indecifrabile voto europeo. O, meglio, non comprensibile, se non con la voglia di assestare un calcio nel sedere, a mo’ di brutale, perfido stop, ad un Salvini che sembrava inarrestabile. Oltretutto, una mossa politica in un ambito internazionale. In seno al quale, il minimo dovere del governo italiano sarebbe quello di auto-tutelarsi, con una compattezza granitica, non certo di sfilacciarsi ed indebolirsi da solo. Come se si fosse trattato del voto in un piccolo paesotto della provincia italiana più interna… Nel frattempo, tutti si agitano. Preoccupati di doversi svegliare dal letargo, o di dover abbandonare la comoda posizione di dire solo dei no, o l’ancor meno impegnativa (solo in apparenza, ma gli interessati non lo capiscono mai) rendita dell’opposizione. Nel mare magnum delle dichiarazioni pretestuose, o strumentali, o meramente attendiste, è emersa, in questi giorni, quella di Carlo Calenda, registrata e scaraventata on line da un video de “La Repubblica”: “È folle, il piano di Renzi” (che, al volo, aveva proposto un’intesa PD / Cinque Stelle: la soluzione che non ti aspetti…).
La spietata analisi anti-Renzi di Calenda: “Perderemmo elezioni ed onore”
“Esso comporta”, ha proseguito un lucido Calenda, che sembra migliorare di giorno in giorno, “levare le castagne dal fuoco” (della manovra finanziaria, quella che nessuno si vuole intestare) “a Salvini, che arriverebbe al 60%. Salvini, infatti, non aspetta altro, che una campagna elettorale contro un accordo PD / Cinque Stelle. Renzi vuole una scusa, per poter passare dal suo proclama ‘Mai coi Cinque Stelle’ a uno nuovo, più furbastro (‘Facciamo qualcosa con i Cinque Stelle’). Ma niente scuse! Non siamo tutti degli ingenuoni. Capisco che Renzi muoia dalla voglia di farsi un partito suo. Capisco anche che voglia lasciarci tutti in sospeso, in attesa che egli abbia i mesi necessari per la fondazione della sua nuova iniziativa politica. Ma, con tutti bloccati, in attesa del partito renziano, si perderebbero non solo le elezioni… Ma anche l’onore”. Per fortuna che, proprio dal seno del Partito Democratico, provengono non gli spifferi, o i messaggi cifrati, da interpretare, con tutto il rischio delle analisi politiche immediate, ma autentici segnalissimi: forti, asciutti, estremamente chiari. Anche se, per ora, solo da Calenda… Che ci sta abituando, da qualche tempo, alle espressioni lineari, concatenate in senso logico, soprattutto pungenti, quando si tratta di smascherare il più paradossale e pericoloso nemico dei piddini: il cui nome è, sì, Matteo. Ma con il cognome Renzi…
Chi comanda, nel PD?
Non è la prima volta e non sarà neppure l’ultima (nemmeno la penultima, per il vero), che siamo costretti a puntualizzare che, mentre la Lega, quantomeno fino ad oggi, anche nella significativa immediatezza dell’abbandono delle comode poltrone parlamentari, s’è dimostrata coesa e compatta, dall’altro lato, invece, partiti privi di un leader unanimemente riconosciuto (per intenderci, il solito, disagiato PD), parlano a più voci, spesso conflittuali tra loro. Con la conseguenza di favorire sempre di più l’odiato Matteo Salvini. Le opzioni degli avversari politici della Lega, però, non sembrano ispirate a serenità, logica, coerenza: insomma, a quei fattori che producono consensi, che macinano suffragi, che fanno maturare, magari a medio respiro, convinte adesioni…
Ricompare Grillo…
È tornato al proscenio, da vecchio e consumato comico, che conosce bene i tempi, Beppe Grillo. Simultaneamente, s’è tuffato nella mischia (esercizio che gradisce in sommo grado) Matteo Renzi. Con l’unica, comune finalità, tra i due (concordata? Casuale, anche come tempistica? Inevitabile?). di agitare lo spauracchio (e ci risiamo) dei tempi della crisi. A tempo di musica (tutto, si gioca sui ritmi), è sceso in campo anche Roberto Fico, il presidente della Camera, uno che non ha mai avuto feeling con Salvini. E non l’ha mai nascosto. Il tutto, per una diffida espressa al Matteo del Nord: “Le Camere vengono convocate dai rispettivi presidenti. E da nessun altro. Il Presidente della Repubblica è il solo che può sciogliere le Camere e convocare le elezioni anticipate. Nessun altro”. Tuttavia, non sarebbe credibile che Salvini non avesse messo in conto, prima dell’annuncio pescarese, la torre di Babele, che ne sarebbe scaturita. Senza dimenticare che codeste sferzate a Salvini sembrano anche idonee a fargli lievitare i consensi…
Il solito, disinvolto Grillo
Inclusa quella di Beppe Grillo, nei suoi toni apocalittici, adattissimi a dividere: o di qua, o di là. E non sembra proprio che, ultimamente, il corpo elettorale si stia orientando verso il grillismo. Ma sentiamolo, il disinibito fondatore dei 5 Stelle. Il quale, appena Di Maio è stato abbandonato dalla Lega, s’è scutuliata tutta la pioggia torrenziale di questo periodo, come un cagnolone, per tuonare, come se mai nulla fosse successo: “Dobbiamo fare dei cambiamenti? Facciamoli subito, altro che elezioni. Salviamo il Paese dalla rinascita in grigio-verde dell’establishment che lo sta avvolgendo. Come un serpente che cambia la pelle. Mi eleverò per salvare l’Italia dai nuovi barbari… Lasciamoci alle spalle psiconani, ballerine e ministri propaganda a galleggiare come orridi conglomerati di plastica nei mari: per loro quella è vita, una gran vita, per noi soltanto sporcizia non biodegradabile”.
Grillo di fuoco, Di Maio prudente: duello, o duetto?
Ad un Grillo rovente (un paradosso: un grillo si arrostirebbe, se si arroventasse), corrisponde, come sempre, un Di Maio cauto. Prudente. Attendista. Preoccupato più dei Di Battista e dei Casaleggio, che del mondo esterno ai 5 Stelle. Resta solo da chiedersi se questa sia la consueta manfrina, tutta interna e specialistica dei pentastellati (i finti duelli, rectius duetti, tra Grillo e Di Maio), o l’inizio di una nuova era grillina, o dimaiana. Ad ogni buon conto, come si accennava in apertura, annientare Salvini non sembra affatto agevole. Ancor più, far metabolizzare al popolo sovrano un nuovo governo, opposto a quello in uscita, senza il preventivo ricorso alle urne. Nel frattempo, però, si stanno sperimentando e sondaggiando, oltre che soppesarle, tutte le possibilità per fermare Salvini. Il che ci fa riflettere, per ineludibile associazione d’idee, su un punto, che appare ormai una costante, nel panorama politico nazionale. Che è questo: sarà un gran bel giorno, quello in cui i Renzi, i Berlusconi, i Grasso, le Boldrini (sì, le Boldrini) & compagnia complottante la smetteranno, finalmente, di tramare nell’ombra, e, magari, perfino, si vergogneranno di coalizzarsi e di entrare in combutta tutti contro uno… Ma verrà mai, quel giorno? Nel frattempo, però, almeno si rendano conto che, così facendo, paradossalmente (ma mica poi tanto) rafforzeranno il loro bersaglio. Per un elementare senso di ripulsa, istintiva e sdegnata, di una corposa fetta del popolo sovrano.
Si risveglia perfino Zingaretti…
Da ultimo, s’è svegliato, quasi di soprassalto, dopo timidezze e cautele infinite, perfino Luca Zingaretti. Il quale, più che un leader, sembra un addetto ai riassunti, in sintesi, del pensiero piddino. “È credibile imbarcarsi in un’esperienza di governo PD-5 Stelle per affrontare la drammatica manovra di bilancio e poi, magari dopo, tornare alle elezioni? Su cosa? Nel nome della salvaguardia della democrazia? Io, con franchezza, credo di no”. Ha inciso queste parole, Zingaretti, nel suo blog su Huffington post. Se ritornate, amici lettori, all’apertura di quest’articolo, ritroverete gli stessi concetti, nell’intervista rilasciata (giorni prima) da Carlo Calenda… Le parole di Zingaretti, si rileva dai giornaloni, sono state apprezzate dal leader leghista. Ma poteva mai essere diversamente, visto che le parole di Calenda e poi di Zingaretti, al di là di ogni giudizio sulla spregiudicatezza politica di Renzi e Grillo, ancora una volta, consentono a Salvini di respirare e di organizzarsi alla grande?
Lo scopriremo solo vivendo?
Alla resa dei conti, si vedrà, in sintesi estrema, quale dei due slogan, alternativi ed antitetici tra di loro, del titolo dell’odierna puntata di questa rubrica, resterà in piedi e prevarrà. Ossia, se Salvini riuscirà a farcela, magari anche da solo, o insieme con la Meloni, o se il blocco dei suoi nemici lo neutralizzerà. In ognuna delle due ipotesi, sarà stata scritta un’altra pagina, anch’essa inedita, della storia della nostra Repubblica. Con l’invito, a tutti, a non essere né superficiali, né strumentali: in ogni caso, questa nuova pagina non si trasformerà né nella replica del mussolinismo, né nella certificazione che il popolo italiano prediliga l’uomo forte, il capo solo al comando ed altre bizzarrie del genere. Semmai, si attesterebbero l’estremo disagio, il senso smisurato di nausea, per la politica di questi ultimi decenni. Che, con le sue ambiguità e melmosità, è proprio il ventre che ha partorito la situazione attuale… A Salvini, invero, è bastata la chiarezza, a volte anche brutale, del linguaggio, per farsi amare (e, dalla sponda opposta, odiare)… In ogni caso, per svettare su tutti.
La ventottesima puntata di “Chiacchiere e nuvole” sarà on line, su ERREEMME NEWS.it, giovedì 15 agosto.